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web designer roberta boccacci
acquerello di Mara Curetti
roberta:(ha appena finito di ascoltare una prova del nuovo concerto lada'ns):
Non riesco a trovare l’equivalente…
arturo: in che senso…
r.: non saprei riferirmi a un genere o a un altro artista per rendere l’idea
di quello che ho appena ascoltato…
a.: è una lunga storia... un racconto...
R: mi stavo chiedendo del tuo rapporto con il suono … hai un ricordo, nella prima infanzia della scoperta del suono come fascinazione?
A: mi viene da pensare… un ringraziamento al babbo…
R: che ti ha insegnato a suonare…
A: no, che mi ha subito messo, quasi costretto, davanti al pianoforte... a tre anni...
R: a tre anni?
A: sì, a tre anni. Ha portato in casa un pianoforte e immediatamente una maestra per me
R: lui non suonava?
A: lui non suonava il pianoforte, ma si arrangiava col violino, da appassionato... senza particolari conoscenze… Il ricordo più vivo che ho della prima maestra (ne ho cambiate molte, perché non ne riuscivo seguire nessuna), è che mi picchiava le mani con la bacchetta… una maestra spagnola, a caracas… arrivava in casa con la bacchetta in mano e ogni volta che sbagliavo posizione della dita mi colpiva... stak… ho vissuto la musica quasi come un incubo fino ai dodici tredici anni ..
R: ma la ascoltavi la musica... nel frattempo…?
A: no. Assolutamente no, qualche canzone… cose molto leggere... senza particolare interesse
R: non accendevi la radio, i dischi, le cassette…
A: no. Avevo qualche cassetta, ma niente di che... almeno nel ricordo... non avevo passioni. Succedeva però qualcosa di strano (me l’ha ricordato un amico di scuola) già alle elementari quando mi trovavo davanti a un foglio di musica la cantavo immediatamente… infatti in musica avevo nove… me lo ricordo bene perché l’unico bel voto, stessa cosa alle scuole medie
R: avevi imparato a leggere bene la musica
A: avevo imparato a leggerla per suonare il pianoforte, non mi ero mai esercitato nel canto
R: provavi quasi avversione per la musica?
A: non proprio avversione … ma nessuna particolare simpatia
R: non sei stato un bambino che suonava i coperchi, quello che c’era....
A: no, per niente
R: quando ti sedevi al pianoforte non ti mettevi a battere i tasti .. come fanno i bambini, per gioco?
A: no, almeno non lo ricordo. Ricordo invece di essere sempre stato utilizzato dai miei come …
R: come attrazione per i parenti...
A: come attrazione per i parenti, sempre...
R: la scimmietta di casa…
A: la scimmietta di casa in ogni occasione, la scimmietta sulla di nave nel viaggio dal Venezuela all’Italia... ho ancora una fotografia… verso i sedici anni però iniziai a innamorarmi di tutto quello che era spettacolo...
R: aspetta, aspetta… siamo passati dalle scuole medie ai sedici anni
A: Sì, in quell’intervallo iniziavo a suonare tutte le canzoni... le ascoltavo e le risuonavo
R: senza leggerle?
A: senza leggere niente. Sentivo una canzone e la risuonavo immediatamente… e intanto sempre nuove maestre... disperate. Ho smesso finalmente di studiare musica negli anni del liceo, precludendomi anche l’esame di ammissione al conservatorio...
R: non l’hai preparato?
A: non mi interessava, mi interessava invece molto lo spettacolo. Mi sono vissuto tutto il sessantotto in corso, manifestazioni, riunioni, 6 politico, e una rock band di sedicenni. Ho conosciuto in quegli anni Luigi De Filippi e suonavamo insieme, avevamo il nostro gruppo e ancora oggi collaboriamo spesso.
R: era una cover band?
A: … mista, cover e pezzi nostri … ricordo un festival a villa panfili e altre serate romane, poi a diciannove anni cessò completamente questa esperienza perché mi era presa una passione assoluta per la danza. Suonavo ancora alle feste, le canzoni con gli amici ma quello che volevo davvero era danzare.
R: ma con la musica improvvisavi?
A.: mai
R: nemmeno a casa, per i fatti tuoi?
A: no, mai. L’improvvisazione è arrivata dopo, proprio con la danza. Un giorno andai a vedere lo spettacolo di un mimo, Hal Yamanouchi, arista con cui poi ho lavorato e che ho ritrovato da poco in uno degli spettacoli di Valerio (Binasco) che ho musicato. Andai a vedere questo spettacolo di teatrodanza, Hal Yamanouchi, Stomu Yamashta percussionista, compagnia Red Buddha Theatre, e impazzii completamente. Scappai di casa per seguirli in turnè. Quando tornai a Roma presi l’elenco telefonico feci scorrere le scuole di danza e scelsi Teatrodanza contemporaneo di Roma. Elsa Piperno e Joseph Fontano. Mi presentai per iscrivermi. Elsa mi ricorda sempre l’incredulità di tutti quando mi videro la prima volta, completamente insaccato nelle spalle e goffo, con la volontà irremovibile di danzare. Erano talmente a corto di uomini che decisero di accettarmi l'ho saputo dopo). Iniziai a studiare con loro ogni giorno, e mi davo da fare per la compagnia in tutti i modi, per luci, le scene, spostare, portare, cercavo di fare qualunque cosa… tenendo sempre segreta la mia attitudine musicale. Accadde un giorno che il pianista della scuola si ammalò. Così mi offrii: “dai per oggi l’accompagno io la lezione…” Ricordo ancora Joseph che si avvicinò a fine lezione e disse: “Arturo… mi sa che tu non ti sposti più da qui…” e andò così. Per tre anni e più mi misero lì, e poi lavorai in altre scuole di danza anche a Parigi. Era diventato il mio mestiere e incominciai piano piano a scrivere qualche musica per la compagnia (Teatrodanza). Scrissi le prime musiche per piccole performance, ricordo “Il Pericolo”, Il Percorso”, "la fila"… erano partiture approssimate, la prima partitura per tre strumenti, flauto violino e violoncello, addirittura scritta con le stanghette al contrario, non ne avevo idea, era un mondo sconosciuto.
Parallelamente… durante il quinto anno di liceo, era nata una piccola compagnia teatrale scolastica di cui facevo parte... Chiamammo a dirigerci un regista esterno, Roberto Ripamonti, figura chiave nella mia storia, e mettemmo in scena Voci del Black Power, spettacolo del teatro stabile di Genova, affascinati dal quel copione, politicizzato al massimo…
R: dove l’avete rappresentato?
A: nel teatro della scuola, ci furono dodici repliche
R: quindi era un teatro aperto anche al pubblico esterno
A: Sì, sì. Era un teatro aperto a tutti e molto frequentato. A seguito di questo allestimento Ripamonti mi presentò a un amico, Attilio Corsini, il quale mi chiese di fare per lui delle musiche di scena, lo spettacolo si chiamava Lo Stordito. Partecipai anche ai provini e scegliemmo come cantante Oretta Orengo. Così conobbi Oretta (amica storica)
R: che non avevi mai visto
A: no. E intanto … lavoravo in una compagnia di burattini, sia come pianista che come burattinaio, nella famosissima compagnia Signorelli, registravo le musiche e nello spettacolo muovevo i burattini
R: facevi anche la voce
A: sì, ma per la maggior parte erano coreografie. Con loro andai a Londra e a Parigi
R: Come ci eri arrivato?
A: sempre tramite la danza. Qualcuno che aveva assistito alle lezioni mi segnalò che stavano cercando un burattinaio… mi precipitai. E ancora qualcuno che mi aveva ascoltato alle lezioni di danza, parlò di me a Giancarlo Sepe che volle incontrarmi e mi affidò le musiche di Zio Vania.
R: quindi tu non sapevi di essere un musicista, ma tutti quelli che ti ascoltavano restavano colpiti
A: in qualche modo andò così … e poi la storia non si è più interrotta… nel giro di due anni stavo nei più grandi teatri italiani … il Piccolo, l’Argentina… e via via in Europa…
...segue
INTERMEZZO
r.: arturo, chi è Govind?
a.: Geet Govind, Eternal Song, è il nome spirituale che ho ricevuto dal mio amico Azima quando sono diventato samnyas di Osho. Azima ha vissuto dodici anni con Osho come suo discepolo, e da qualche anno per me è un riferimento importante
r.: cosa ti risuona di questo insegnamento?
a.: tanto... ad esempio la non appartenenza...
r.:ma così ritorniamo da dove siamo partiti...
a.: ah sì... eravamo partirti dall'innaferabilità dello stile... signore e signori: lada'ns.
Scanzonatamente
video Serafino Murri, Alexandra Rosati (2011)
Videoperformance Flowers
di e con Alic Sforza
video Serafino Murri (2012)
Intanto frequentavo qualche corso al conservatorio ma senza continuità, un po’ di musica elettronica e poco altro. Ho iniziato a studiare un po’ di armonia e di composizione solo con Sergio Rendine quando già lavoravo da molto tempo, e anche con lui è nata subito una collaborazione per il disco Fiat Peace e poi Alice per Lindsey Kamp. E poi basta, ho continuato da solo. Non ho mai studiato, però stavo tantissime ore in teatro, anzi diciamo che ci stavo sempre. I primi tempi, per esempio in tutti i lavori con Sepe, che sono tantissimi, dal primo giorno di prova fino alla messa in scena ero in teatro, con il pianoforte, creavo le musiche in tempo reale, provavo con loro, ero sempre presente. Questo per ogni spettacolo, praticamente vivevo in teatro.
R: in teatro c’era sempre il pianoforte..
A: sempre! sì..
R. .. poi facevi l’orchestrazione
A. Sì, poi scrivevo l’orchestrazione
R: e l’unico collaboratore, anche l’unico supporto che potesse un po’ guidarti, è stato Rendine…
A. Sì, da un certo punto in poi, ma a quel punto Rendine mi commissiona un’opera, addirittura, che io ho scritto, per il Cantiere di Montepulciano, su libretto di Ubaldo Soddu, con scenografia e costumi di Luzzati. Si intitola Una notte di Gioia, non più rintracciabile, abbiamo la partitura, ma nessuna registrazione. Venne trasmessa anche da Radio Tre, forse esiste negli archivi Rai, non ne ho idea.
Fu una collaborzione importante che si consolidò nella realizzazione dell'opera radiofonica Alice(vincitrice del Gran Prix Barcelona e di una menzione speciale al Premio Italia) che sucessivamente, per intercessione di Vittoria Ottolenghi, divenne musica di scena dello spettacolo Alice di Lindsey Camp.
Insieme realizzammo anche due dirventeti spot per biscotti al cioccolato.
Nel frattempo scrivevo musica per danza, con i Sosta Palmizi, e mantenevo uno spazio mio che era soprattutto quello delle performance
R. Performance in che senso?
A. Per esempio Play Land e la ritirata Notturna a Volterra, L’ASPEN a palazzo del Drago a Roma, i festival in Umbria con Renato Nicolini, una sorta di attività extra rispetto al teatro, e mi divertivo anche a dipingere e scrivere. L’idea, invece, di suonare il pianoforte come interprete, di me stesso, è venuta molto tardi. Anzi c’era stato un precedente con Ripamonti e il mimo giapponese hiamanuchi, in cui mi esibivo in un concerto musica e immagine, ma era stato un’occasione isolata. La spinta ad esibirmi come concertista è legat all’esperienza dello yoga in anni un molto più recenti.
R: mentre l’accompagnamento dal vivo al cinema muto?
A: ah certo! Quello è stato un vero e proprio lavoro fin da subito, dai tempi dei burattini, ebbi questo lavoro fisso al festival organizzato ogni anno dalla Cineteca di Bologna.
R: è stata una palestra importante, soprattutto per l’improvvisazione….
A: enorme. Fu un’esperienza fondamentale e fu in quello stesso festival che conobbi Ezio Bosso, con cui poi demmo vita ad un gruppo
R: come si chiamava?
A. Non arrivammo mai a darci un nome… facevamo le prove, io Ezio, Bobo, tutt’ora chitarrista della Synphonia Band, e Adriano, un percussionista di Torino. Ci incontravamo qui in Umbria, dove risiedo dal novanta, ma che già da un decennio prima, come sai, era la base mia e di un gruppo di amici artisti con cui condividevo il casale di San Pancrazio….
R: però non so bene come ci siete arrivati..
A. Mi trovavo qui in zona per uno spettacolo di danza al teatro di Amelia, con Elsa Piperno e Joseph Fontano, il Teatro Danza di Roma, e alloggiavamo allo Scoglio dell’Aquilone. Passeggiando nei dintorni dell’albergo ero rimasto assolutamente incantato dalla natura e dal paesaggio, ma soprattutto dall’atmosfera speciale che percepivo. Così mi informai con il vicesindaco se ci fossero stati casali in affitto e pochi giorni dopo mi fece incontrare Piccirilli, il proprietario del borghetto di San Pancrazio.. in quattro/cinque amici l’abbiamo subito affittato, me ne ero immediatamente innamorato.
midnightpiano
video di Maurizio Lucarelli