«Non faremo uno spettacolo ispirato alla Commedia dell’Arte, e non useremo le maschere della tradizione» dichiara subito Valerio Binasco del suo Arlecchino servitore di due padroni. Il regista sceglie deliberatamente di resistere alla «pura, impressionante forza teatrale» del meccanismo della commedia di Goldoni. E prende un’altra strada, con il proposito di dare al testo un sapore moderno, e di restituire realismo e credibilità ai personaggi, non cedendo alla «pur irresistibile tentazione del formalismo». Sarà un Arlecchino che guarda più alla commedia all’italiana che alla Commedia dell’Arte, con un forte, sentito richiamo all’umanità vecchio stampo, di sapore paesano e umilmente arcaico. Quella che «ha abitato il nostro mondo in bianco e nero», ricorda Binasco, «si è seduta ai tavoli di vecchie osterie, ha indossato gli ultimi cappelli, ha assistito al trionfo della modernità con comico sussiego, ci ha fatto ridere e piangere a teatro e al cinema con le ’nuove maschere’ dei grandi comici del Novecento, e poi è svanita per sempre, nel nulla del nuovo secolo televisivo». Famelico, bugiardo, disperato e arraffone. L’Arlecchino "contemporaneo" di Valerio Binasco è un poveraccio che sugli equivoci costruisce una specie di misero riscatto sociale. Dopo il Don Giovanni di Molière, Binasco, cinque volte premio Ubu, torna a cimentarsi con un titolo del grande repertorio. «A chi mi chiede: "come mai ancora Arlecchino?" rispondo che i classici sono carichi di una forza inesauribile e l’antico teatro è ancora il teatro della festa e della favola», dice il regista. Che mette il suo stile cinematografico, fatto di sintesi, unità di azione e suspense, al servizio del testo di Goldoni, un perfetto congegno che dal 1745 non smette di funzionare e incantare il pubblico. La "commedia della stravaganza" diventa così un gioioso viaggio nel tempo, alle origini del teatro italiano e della sua grande tradizione comica, con un cast di attori straordinari, molti dei quali collaborano da tempo con il regista. Personaggio dalle molteplici contraddizioni: meschino e anarchico, irriguardoso e servile, Arlecchino riesce a portare scompiglio nell’ottusa società borghese, con una carica che suo malgrado si può perfino dire "sovversiva". «Come avevano capito benissimo Alonge e (in modo assai più radicale) Fassbinder - scriveva Binasco a proposito del Bugiardo - Goldoni è un autore capace di rappresentare inquietudini moderne, con lampi di vera contemporaneità ».